Perché la devozione alla Beata Elena Guerra?
È stata definita «l’apostola e la missionaria dello Spirito Santo» perché si adoperò moltissimo per diffonderne la devozione tra il clero e i fedeli.
Elena nacque a Lucca il 23 giugno 1835 da genitori appartenenti alla nobiltà locale e fin da piccola ricevette, insieme ai due fratelli, un’educazione adeguata.
Dopo la Cresima, impartitale a otto anni, senza che nessuno la guidasse avvertì una specialissima devozione verso lo Spirito Santo: «Da allora», scriverà più avanti, «quando mi trovavo in chiesa per la novena di Pentecoste, mi sembrava di essere in paradiso».
Dopo la prima Comunione, ottenne di potersi accostare all’Eucaristia tutti i giorni, sempre più attratta dall’amore verso Dio. In famiglia un suo fratello si stava preparando al sacerdozio ed Elena avrebbe voluto anch’essa partecipare alle lezioni dei professori che il papà faceva venire in casa, ma la mamma vi si oppose, consentendole di imparare musica, pittura e ricamo.
Tuttavia lei, frequentando di nascosto le lezioni date al fratello e sottraendo ore al sonno, completò la propria istruzione imparando anche il latino.
Nel 1856 dava vita al “Giardinetto di Maria” e successivamente alle “Amicizie spirituali”, due forme di aggregazione femminile laicale che consentivano un reciproco aiuto spirituale tra le giovani; iniziative che precorrevano profeticamente i metodi moderni dell’Azione Cattolica: le ascritte, infatti, dovevano impegnarsi a vivere integralmente la vita cristiana. L’anno seguente però Elena fu colpita da una grave malattia che la costrinse ad una lunga immobilità.
Riavutasi,chiese di essere ammessa tra le Dame di Carità, che visitavano i poveri e i malati a domicilio; e quando a Lucca imperversò il colera, col consenso dei propri familiari si recava a trovare i malati, curandoli e confortandoli con le parole della fede.
Nel 1870, tornata da un pellegrinaggio compiuto a Roma con suo padre, si sentì spinta a fondare un gruppo di Adoratrici del SS. Sacramento, ma ne fu dissuasa dal suo direttore spirituale, il gesuita padre Venanzi; successivamente, dopo aver letto la biografia di sant’Angela Merici, volendo fare qualcosa per l’educazione della gioventù, ottenne dai suoi di fare un po’ di scuola ad alcune ragazze povere in casa di una Dama di Carità.
Poi, con l’aiuto del parroco della cattedrale, nel dicembre 1872 aprì una scuola privata per le figlie della borghesia e della nobiltà lucchese; l’opera, dopo alcune difficoltà, si consolidò e con il gruppo delle compagne che si erano unite a lei per svolgere questo tipo di apostolato, fondò l’Istituto di Santa Zita, formato da donne che inizialmente non facevano vita comunitaria ma si dedicavano all’istruzione e all’educazione delle fanciulle.
Per una decina d’anni la beata dovette affrontare l’incomprensione dei lucchesi, del clero e dello stesso arcivescovo Arrigoni, nonché della sua famiglia. Nel 1882, lasciata la propria casa, in un palazzo acquistato coi fondi acquisiti in seguito alla divisione del patrimonio familiare, iniziò la vita di comunità con quelle che furono chiamate Oblate dello Spirito Santo. E in quella sede, finché visse, Elena educò alla vita cristiana parecchie centinaia di giovani, tra le quali anche santa Gemma Galgani, la quale chiese di entrare nella nascente comunità, ma vi dovette poi rinunciare a causa di una forte crisi che ne aveva minato la salute in seguito alla morte della madre, del fratello Gino, seminarista a cui era legatissima, e del padre, oltre che per una pesante crisi economica che aveva colpito la famiglia.
Convinta della funzione della stampa come servizio fondamentale per la Chiesa, la Guerra pubblicò numerosi scritti su problemi riguardanti la donna (spose, fidanzate, lavoratrici domestiche) e sulla scuola, per indirizzare insegnanti e alunni verso una cultura cristiana. Nella maturità, si concentrò soprattutto su temi ascetici e sui cardini della sua spiritualità: lo Spirito Santo, il Cenacolo, la Pentecoste. La rattristava il constatare che la maggior parte dei cristiani trascurava la devozione al Paraclito e per questo nel 1865 scrisse un opuscolo dal titolo “Pia Unione di preghiere allo Spirito Santo” per ottenere la conversione degli increduli, e diffuse la pratica delle sette settimane in preparazione alla Pentecoste; infine, nel 1889 fece stampare la novena intitolata “Nuovo Cenacolo” per suscitare «un generale ritorno dei fedeli allo Spirito Santo».
Successivamente, tramite mons. Giovanni Volpi, vescovo ausiliare di Lucca, scrisse a papa Leone XIII esortandolo a indurre i vescovi e, tramite loro, i parroci a preparare i fedeli alla festa di Pentecoste con una novena possibilmente predicata. Il pontefice capì l’importanza di questo appello e con un “Breve” del 5 maggio 1895 esortò tutti i vescovi del mondo a fare questa novena per il ritorno dei dissidenti alla vera Chiesa.
Suor Elena istituì poi l’associazione del “Cenacolo Permanente” e ne informò nuovamente il Papa, il quale con l’enciclica Divinum illud Munus del 9 maggio 1897 raccomandava esplicitamente ai fedeli la devozione allo Spirito Santo.
Cinque mesi dopo, egli ricevette in udienza privata madre Elena. Questa dal canto suo, avendo constatato che purtroppo il clero pareva poco interessato ad attuare quanto Leone XIII aveva raccomandato, moltiplicò gli opuscoli per richiamare i parroci e i fedeli a questa devozione, e finanziò ”missioni al popolo” in varie parti d’Italia allo stesso scopo.
Dietro suggerimento di Suor Elena, papa Leone XIII decise anche di dedicare il secolo nascente allo Spirito e lo fece cantando solennemente, il 1 gennaio 1901, a nome della Chiesa intera, l’inno del “Veni Creator Spiritus”.
Lo stesso giorno, dalla parte opposta del globo terrestre, a Topeka nel Kansas (USA), accadde un fatto che segnò l’inizio di uno dei fenomeni religiosi più importanti del secolo XX e che si configurò sin dai primi momenti come una grande riscoperta della potenza dei doni dello Spirito, destinata a estendersi rapidamente a tutti gli Stati Uniti e al mondo intero: il pentecostalismo[2].
Certamente, se osserviamo il rigoglio di movimenti carismatici e di chiese pentecostali che, proprio a partire dal 1901 si sono diffusi nel mondo come autentica risposta dell’unico Spirito alle preghiere dei papi per il rinnovamento spirituale di questo nuovo secolo, non possiamo non constatare come la voce di Leone XIII abbia veramente “bucato il cielo”.
Per la beata arrivò però anche l’ora delle tenebre. Tra il 1905 e il 1906 da alcune sue consorelle
furono lanciate, contro di lei, accuse di cattiva amministrazione: le si imputava di dilapidare il patrimonio
dell’Istituto con le sue pubblicazioni.
Le autorità ecclesiastiche la indussero a dimettersi da superiora e le proibirono di dare alle stampa altri scritti. La beata si dimise, obbedendo umilmente e offrì la propria vita per il bene della Chiesa. Nel suo diario scrisse: «È bello operare il bene, ma rimanere fermi per volere altrui, lasciarsi legare le mani senza ribellarsi, congiungendole in un supremo atto di adorazione e di perfetta adesione al volere di Dio, è opera ancor più sublime, è un trasformare la più umiliante situazione nell’azione più perfetta che possa fare la creatura».
Gli ultimi tre anni madre Elena li trascorse nell’alternarsi di malattie e di dolori che ne provocarono la morte l’11 aprile 1914. Era il Sabato santo e la fondatrice, dopo che si era fatta vestire, scese dal letto, baciò la terra e ripeté ad alta voce: «Credo!».
Il consolidarsi della fama di santità portò nel 1930 all’apertura del processo informativo per la sua beatificazione; nel 1953 veniva pubblicato il decreto sulla eroicità delle virtù e il 26 aprile 1959 Giovanni XXIII elevava Elena Guerra all’onore degli altari: era questa la prima beatificazione del suo pontificato.
Le spoglie della beata riposano a Lucca nella cappella delle Oblate dello Spirito Santo, dove era stata traslata nel 1928.
L’importanza della Santa Messa
Il Santo Curato d’Ars afferma: “Tutte le opere buone riunite insieme non possono valere una Santa Messa, perché esse sono opere degli uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio“
Occorre tenere presente, che la Santa Messa ci fa ottenere benefici e Grazie, nella misura della nostra partecipazione interiore: più attenzione e partecipazione, più preparazione e amore verso la Persona di Gesù e sul Sacrificio che si consumerà sull’altare, e più si ottiene Grazia da Dio. Mentre, più distrazioni, disinteresse e disamore alla Santa Messa, e meno Grazia si riceve, forse niente. Chi si comporta distrattamente, non avrà alcuna consolazione divina e lo Spirito Santo non si farà sentire nell’anima.
È importante da parte dei fedeli, mettere un’intenzione prima dell’inizio della Santa Messa. Il Sacerdote offre al Padre il Figlio Divino immolato nella Santa Messa e chiede al Padre con un’intenzione (per i defunti o per i vivi) di aiutare la persona o le persone per cui viene celebrata la Santa Messa.
I fedeli offrono anche la Santa Comunione che mangiano per chiedere Grazie o per riparare i peccati che si commettono contro i Sacratissimi Cuori di Gesù e di Maria.
“La Celebrazione eucaristica sia il centro di tutta la vita”(can. 246 § 1 CIC).
Quattro sono i fini del Sacrificio della Croce, e quindi di quello della Messa: adorazione, cioè l’atto di sottomissione a Dio e di riconoscimento della Sua assoluta sovranità; il ringraziamento per i benefici ricevuti; la propiziazione, cioè la supplica per ottenere il perdono dei peccati anche quanto alle pene che ne derivano, sia per noi sia per i defunti; e l’impetrazione, cioè la richiesta di grazie e di aiuti.